MEDICINA DI SCOPO

QUALE VISIONE PROPONIAMO DELLA MEDICINA?

È semplice. Una visione che la contestualizzi nel quadro della Vita e del Benessere.

La Vita e il Benessere sono essenzialmente Scopo: senza uno scopo, un qualsiasi essere vivente perde il suo significato, si ammala e muore.
Coloro che vivono a lungo e in salute solitamente sono fortemente orientati verso uno scopo, di qualsiasi natura esso sia.
Sembra non abbia rilevanza la “qualità” dello scopo ma, piuttosto, la sua “densità”, cioè quanto tale scopo pervade l’essere vivente, lo fa sentire un essere dotato di senso e significato.

Un bambino convinto e fortemente motivato a diventare parrucchiere o agricoltore o presidente della repubblica ha più probabilità di vivere a lungo e sano (e anche diventare o parrucchiere o agricoltore o presidente della repubblica) rispetto ad un bambino disinteressato verso se stesso o verso obiettivi da raggiungere.
Solitamente l’acquisizione di uno scopo si accompagna a (o è conseguenza di) una spinta verso la vita, fin dall’origine, da parte di figure affettive di riferimento.
Non ci addentreremo in questo ultimo argomento: ci basti per il momento identificare tra ragioni di una vita lunga e sana le spinte iniziali in termini di accudimento e di affetto che permettono di poter acquisire una propria identità e godere di sentimenti ed emozioni.
La prima domanda da proporre ad una persona che manifesti un disagio o una malattia, per la Medicina di Scopo, diventa proprio questa: quale è lo scopo della tua esistenza?
E, a seguire, quale è stata l’ultima volta che ti sei sentito felice? L’ultima volta che hai amato o ti sei sentito amato?
L’universo dello Scopo e delle Emozioni sta all’origine delle manifestazioni fisiche di benessere o di malessere.
L’approccio della PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) ha già ricomposto a sistema, dettagliandone i meccanismi scientifici, di un processo che inizia a livello psichico ed emozionale e che coinvolge, tramite la modifica di neurotrasmettitori e assetto ormonale, l’aspetto immunologico.
Prolungati scompensi ormonali portano a scompensi immunologici e, nel tempo, ad insorgere di patologie gravi.
Questo se guardato in una prospettiva cronologica.
La Medicina di Scopo, che si avvale certamente dello strumento della PNEI per spiegare le evoluzioni organiche nel tempo, considera, invece, Origine e Scopo, scintilla vitale e malattia terminale, su un piano Cairologico e non Cronologico. Ciò che è e ciò che sarà era sempre stato fin dall’inizio. Si può guardare all’esistenza come ad un divenire costante, ad un susseguirsi di trasformazioni oppure, in ogni momento della vita, scorgere la costante immutabile di una esistenza che si compie.
Ecco che, ad esempio, l’esame del mineralogramma del capello, oppure dell’assetto ormonale, oppure una analisi dei traumi e dei blocchi emozionali di un giovane ragazzo offre indicazioni preziose riguardo al suo destino. Destino che non si colloca cronologicamente in un tempo successivo ma che si mostra nella sua pienezza nel momento dell’ascolto, della sintonia, della compassione. Il medico che incontra il paziente, all’interno di questa dimensione, partecipa alla realizzazione del suo destino di essere umano e, naturalmente, alla sua personale realizzazione. Medicina integrata significa guardare all’integro, all’intero e al dialogo olistico tra integri: medico e paziente.
Insomma, nulla di più lontano da alcune pratiche che vanno per la maggiore in questa epoca storica. Per citarne solo alcune:
L’applicazione burocratica e massificata di protocolli di cura al posto di una pratica clinica basata sull’ascolto dell’individuo;
L’accanimento terapeutico tramite utilizzo di costosi e inutili farmaci nelle situazioni cliniche considerate già a priori senza speranza;
La ricerca di scorciatoie scientifiche, quali quella della manipolazione del DNA, nel tentare di dare risposte alla pandemia di cancro anziché utilizzare la scienza per modificare il modello di sviluppo che ha condotto a tale pandemia.

 

 

SCOPO INDIVIDUALE E SCOPO COLLETTIVO

Oltre alla dimensione cronologica, la Medicina di Scopo, mette in discussione anche il confine tra destino individuale e destino collettivo. Non può sussistere una divisione, una separazione tra i due concetti perché l’individuo trova la sua piena realizzazione nel momento in cui la sua aspirazione, la sua ricerca di senso si colloca in una dimensione, non solo collettiva del qui e ora, ma della stessa evoluzione della specie a cui appartiene. Lo Scopo, per essere scopo salvifico, non può essere soltanto scopo individuale ma ontologicamente interdividuale e l’azione collettiva: io sono anche l’altro e l’altro è anche me. Mentre l’azione non può che essere collettiva e solidale: un solo essere vivente che soffra (uomo, animale o pianta) è sofferenza per ogni individuo perché io sono anche l’altro e l’altro è anche me.
Ecco che allora la Medicina di Scopo deve allargare i suoi orizzonti da clinica e terapeutica individuale del qui e ora ai fini di una risposta ad una patologia individuale, a una clinica e terapeutica che contemperi l’individuale, il collettivo e l’ambientale su un arco temporale che coinvolge Origine e Scopo. Cercando di sondare quel mistero che vorrebbe che lo Scopo fosse già insito nell’Origine e l’Origine contenuta nello Scopo.
La richiesta che la malattia pone al singolo è spesso una richiesta di recupero di senso perduto o mai trovato. La medicina di scopo deve essere in grado di reintegrare l’essere umano in un flusso vitale. Ecco perché la Medicina di Scopo non utilizzerà soltanto le conoscenze strettamente mediche ufficiali ma si avvarrà anche dell’apporto di quelle derivanti dalla psicologia, dalla filosofia, dalla naturopatia, dalla biofisica e altro.
Le conoscenze medico specialistiche, indispensabili per intervenire in contesti in cui è richiesto un elevato grado di conoscenza specifica di organo o di patologia, o in contesti chirurgici, devono però trovare anche un momento di sintesi più elevata che ricostituisca una nuova medicina generalista, capace di guardare al soggetto nella sua interezza.

 

 

Patologie dell’attuale momento storico

Come dicevamo, anche i contesti ambientale ed emozionale influiscono sullo stato di salute e, nel tempo, danno origine a malattie anche gravi.
La prima risposta da dare, il primo atto di Prevenzione, riguarda l’individuazione delle cause e la rimozione delle stesse.
La medicina e la scienza odierna si muovono in direzione esattamente opposta.
Non si occupano di cause ma di nuove scoperte. Perché c’è una accettazione implicita che il modello di sviluppo non possa e non debba essere messo in discussione.
C’è una accettazione implicita dello status quo ma, soprattutto, c’è l’accettazione del fatto che il medico e lo scienziato si debba esclusivamente occupare del pezzetto di compito assegnatoli, sempre più specialistico e separato dal contesto.
Il medico sa che le cause del cancro risiedono nello stile di vita errato e negli agenti inquinanti ma rinuncia a porsi, tra i suoi obiettivi, la rimozione delle stesse. Si adegua al sistema che propone sempre nuovi farmaci che non sono in grado di allungare l’esistenza se non per pochissimo tempo e al prezzo di grandi sofferenze (chemioterapia e radioterapia). Questo non significa che non si siano fatti alcuni passi, anche molto importanti, nel ridurre la mortalità tramite lo screening preventivo. Questo si riferisce ad alcuni tumori (linfomi, tumori al seno, tumori alla prostata, leucemie, tumori del collo dell’utero e altri). Ma altri tumori che continuano ad essere trattati con chemioterapia e/o radioterapia continuano a mietere vittime (tumore del polmone, del fegato, del pancreas, dello stomaco e altri). Insomma, se si vanno a vedere i numeri dei decessi per cancro a livello nazionale o mondiale questi continuano ad essere in aumento nonostante i massicci investimenti in ricerca e le massicce produzioni di farmaci. Tutti questi decessi avvengono quasi sempre dopo qualche mese o qualche anno di sofferenze dovute, per molti di essi, a cure altamente tossiche e debilitanti. Il focus delle ricerche scientifiche è quantitativo: contano il numero di giorni di allungamento della vita che una terapia ha ottenuto. Non conta a che prezzo di sofferenza. Il leitmotiv è “più giorni alla vita” e non “più vita ai giorni”. Sembra divenuto un imperativo allungare ad ogni costo le ore dell’esistenza, anche se quelle ore aggiuntive sono vissute nel dolore o nell’agonia gestita dagli oppiacei o in fase incosciente.
Il medico che rinuncia a considerare le cause dell’insorgenza di una patologia e che rinuncia all’impegno per la modifica delle stesse, preferendo la somministrazione di un farmaco indicatogli dall’alto delle sue gerarchie pur perfettamente consapevole non essere risolutivo, di fatto rinuncia alla sua professione e rinuncia anche ad una esistenza personale vissuta nella sua pienezza.
Le nuove scoperte non danno segni di far regredire la pandemia di cancro, diabete, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, patologie psichiatriche.
Questo accade proprio perché la medicina è stata “separata” dalle altre scienze che contribuiscono a dare un senso compiuto all’esistenza, sia sul piano individuale che sul piano collettivo.
L’individuo è Origine e Scopo, l’individuo è Relazione con i suoi simili. Non occuparsi della sua origine e del suo scopo e delle sue relazioni con gli altri significa non occuparsi della sua cura.
La medicina non è quell’atto divenuto, nei paesi occidentali, meramente burocratico di applicazione di protocolli e direttive dall’alto ma è l’arte principe a cui tutto deve essere ricondotto perché il benessere della mente e del corpo sono premessa e punto di partenza per giungere ad una esistenza individuale felice ma anche principio cardine di convivenza sociale. Una società composta di individui ammalati, sempre più ammalati, non può che ammalarsi a sua volta.
La Prevenzione e lo Stile di Vita non possono che essere concepiti all’interno di questa concezione altrimenti divengono, essi stessi, pratica specialistica scollegata dal contesto esistenziale.
L’individuazione e la rimozione delle cause, siano esse originate nell’individuo o nella collettività, siano esse di natura emozionale, culturale o ambientale sono sempre il primo passo.
La richiesta che la malattia pone al singolo è spesso una richiesta di recupero di senso perduto o mai trovato. La medicina di scopo deve essere in grado di reintegrare l’essere umano in un flusso vitale. Ecco perché la Medicina di Scopo non utilizzerà soltanto le conoscenze strettamente mediche ufficiali ma si avvarrà anche dell’apporto di quelle derivanti dalla psicologia, dalla filosofia, dall’ecologia, dalla naturopatia, dalla biofisica e altro.
Il medico allora deve diventare anche psicologo, filosofo, biofisico, scienziato sociale, economista e impegnato nella lotta all’inquinamento e nel recupero dell’equilibrio ambientale del pianeta? La risposta è sì.
Rinunciare ad un ruolo pieno nell’affrontare problemi e malattie conduce all’alternativa della rinuncia all’essere. Proseguendo nella pratica medica iperspecialistica e protocollare, il passo finale diverrà la sostituzione del medico stesso con un androide che, nell’applicazione di protocolli in relazione agli esami diagnostici e allo stadio della malattia, sarà certamente più efficiente dell’essere umano.
Riappropriarsi della nostra esistenza e del nostro pianeta, entrambi sotto attacco a favore del profitto di pochi, è un compito di tutti e, in primis, del medico e dello scienziato.

 

 

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